La fine del mondo
La distruzione di Gerusalemme è la figura della fine del
mondo. Gesù apre davanti a noi una prospettiva a due piani,
senza farei vedere la distanza intermedia. È quella che troviamo
anche nelle profezie dell’Antico Testamento e che chiamiamo
prospettiva profetica. La visione profetica lascia intravedere su
piani ravvicinati avvenimenti che saranno separati da secoli.
Nel giorno della sua seconda ed ultima venuta, Gesù Cristo
apparirà improvvisamente a tutti gli uomini. Saranno false le
voci sulla sua presenza nel deserto o all'interno di una casa, cioè
lontano o vicino. La sua venuta sarà rapida e manifesta a tutti,
come il lampo che partito dall’oriente si vede subito a occidente.
I versetti in cui si parla dell’oscuramento del sole e della
luna e della caduta delle stelle non si devono interpretare alla
lettera. La stessa descrizione si legge nei libri profetici dell’Antico
Testamento, a proposito di avvenimenti che non hanno un rife-
rimento con la fine del mondo.
Gesù dice: "Comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo
e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno
il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande
potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande
tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un
estremo all’altro dei cieli.
Dal fico poi imparate la parabola: quando ormai il suo ramo
diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina.
Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che
egli è proprio alle porte.
In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che
tutto questo accada. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie
parole non passeranno.
Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa,
neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre"
(Matteo 24,30-36).
I Padri della Chiesa hanno visto in questo segno la croce di
Cristo.
Gesù parlando del Figlio dell'uomo che viene sulle nubi del
cielo, allude al testo del profeta Daniele, il quale dice: "Ecco ap-
parire, sulle nubi del cielo, uno simile a un figlio di uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui che gli diede
potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni, e lingue lo serviranno;
il suo potere è un potere eterno che non tramonta mai, e il suo
regno è tale che non sarà mai distrutto" (7, 13-14).
Gli angeli raduneranno gli eletti dai quattro venti, ossia dai
quattro punti cardinali, da tutte le parti della terra. Si parla solo
degli eletti, perché è soprattutto per loro che ritorna il Cristo
glorioso.
Le parole: non passerà questa generazione prima che tutto questo
accada si riferiscono ai contemporanei di Gesù, molti dei quali
nell’anno 70 dopo Cristo vivevano ancora. Gesù non ha confuso
la fine di Gerusalemme con la fine del mondo. Infatti egli dice:
"Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi d i
pagani siano compiuti" (Luca 21-24).
La fine del mondo non sarà come quella di Gerusalemme. I
segni che la annunciano si possono conoscere chiaramente e ciò
è necessario per dare ai cristiani la possibilità di fuggire.
I segni precursori della fine del mondo non sono così
singolari da non poter si trovare, più o meno accentuati, in ogni
tempo. Per questo, persone anche sapienti si sono sbagliate nel-
l'interpretare come segni della fine del mondo fatti che non lo
erano.
Gesù Cristo non sa in quanto uomo il giorno della fine del
mondo. Egli per sottolineare che la sua venuta sarà improvvisa
e inaspettata, ricorda il diluvio e ricorre a due similitudini e a
tre parabole: il servo preposto ai domestici del padrone, le dieci
vergini, i talenti.
Noè nella Bibbia viene presentato come uno che ha un com-
portamento retto davanti a Dio, diversamente dalla gente del
suo tempo. Secondo la tradizione giudaica, egli esortò i suoi
contemporanei alla conversione, ma non fu ascoltato, anzi deriso.
Gli uomini di allora erano presi dai loro affari e divertimenti
fino a quando furono sommersi dalle acque.
Le due similitudini indicano la sorte diversa che toccherà
agli uomini a seguito del giudizio del Figlio dell'uomo, secondo
se li troverà pronti o no.
Gesù dice: "Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà
preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una
sarà presa l'altra lasciata" (Matteo 24,40-41).
Le similitudini non riguardano il numero delle persone, ma
indicano che il giudizio sarà imparziale, senza distinzione di
sesso e di condizione sociale. Si tratta di persone occupate negli
stessi lavori che vengono trovate pronte o impreparate.
Le condizioni della vita non contano. Le parole: uno sarà
preso e l'altro lasciato, significano che uno sarà preso per la ri-
compensa dei giusti e l'altro sarà lasciato per il giudizio.
Il servitore fedele e saggio di cui parla la prima parabola,
nell’attesa della venuta del suo signore, si mostra responsabile
di fronte ai compiti affidatigli.
Al contrario del servitore malvagio che non vedendo arrivare
il padrone ne approfitta comportandosi da irresponsabile. Il pa-
drone è Gesù Cristo, che prima di tornare al Padre, ha affidato le
persone della sua casa, la Chiesa, agli apostoli e ai loro successori.
La parabola riguarda prima di tutto i membri della gerarchia ec-
clesiastica, tuttavia ogni fedele è coinvolto personalmente per il
bene di tutta la Chiesa.
L'attesa che precede la parusia è il tempo in cui si deve
essere fedeli ai propri compiti.
Nella seconda parabola ciò che rende le cinque vergini
sagge, un modello per ciascuno di noi, è che esse hanno previsto
la possibilità del ritardo dello sposo, e quindi hanno preso con
sé dell’olio per le loro lampade, sufficiente anche per una lunga
attesa. Il ritardo della parusia non deve trovare i discepoli im-
preparati.
La terza parabola mostra come deve essere vissuto il tempo
dell’attesa. I talenti vengono dati secondo le capacità di ciascun
servo.
Le parole: dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò
e volle regolare i conti con loro, mostrano che il ritorno di Cristo
non è imminente, né a breve scadenza.
I servi fedeli sono ammessi all’amicizia del padrone e
vengono fatti partecipi della sua felicità.
Il servo malvagio e infingardo ha pensato che bastasse resti-
tuire al padrone quello che aveva ricevuto.
Il timore senza la fiducia e l'amore può impedire gravi tra-
sgressioni, ma non dà quella generosità che porta a fare tutto il
proprio dovere: non basta evitare il male, bisogna anche fare il
bene.
La parabola si riferisce soprattutto ai doni soprannaturali,
ma vale anche per quelli naturali, che l'egoista e il pigro non
usano anche per gli altri.
Le tre parabole terminano con la minaccia di un giudizio ri-
goroso e definitivo.
La parte finale del discorso escatologico, tratta del giudizio
con il quale si chiude la storia dell'umanità nel tempo e inizia
per tutti gli uomini la vita nell’eternità.
Gli antichi profeti hanno trattato questo tema come il trionfo
della nazione ebraica sulle nazioni pagane; qui invece esso ha
un carattere morale riguardante i singoli individui, senza alcuna
discriminazione, i quali saranno giudicati sulla carità. Il giudizio
riguarda le opere verso i bisognosi. Gesù Cristo si identifica con
essi chiamandoli fratelli più piccoli.
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