Oggi si afferma
che la vita non è sempre un bene assoluto, soprattutto quando si
tratta di un individuo che non è ancora nato o è in gravi
difficoltà, per cui ci troviamo dinanzi ad un bene relativo che va
confrontato e soppesato con altri beni. E allora chi può fare
questo confronto, dare questo giudizio? Solo la persona che si trova
nella situazione concreta, che è coinvolta nella necessità di dare
questo giudizio che la riguarda. Inoltre, si afferma che lo stato
nell'interesse della convivenza civile deve rispettare questa scelta
ammettendo anche l'aborto e l'eutanasia.
Si dice che la legge civile non può
esigere che tutti i cittadini vivano secondo un grado di moralità
più elevato di quello che essi stessi riconoscono e condividono.
La proibizione e la punizione dell'aborto e
dell'eutanasia conducono ad un aumento di pratiche illegali. Esse,
non essendo soggette al controllo sociale, verrebbero attuate senza
la sicurezza medica. Qui sostenere una legge che in concreto non è
applicabile vuol dire minare l'autorità anche di altre leggi. In un
società moderna e pluralista deve essere riconosciuta ad ogni
cittadino piena autonomia di disporre della propria vita e delle
vita di chi non è ancora nato.
Non spetta all'autorità civile, qualunque
essa sia, la scelta tra le diverse opinioni morali e imporne una a
svantaggio delle altre.
L'ordinamento giuridico di una società
deve limitarsi a recepire le convinzioni della maggioranza e
pertanto si deve costruire solo su quanto la maggioranza ritiene
morale.
Dato che è impossibile per l'uomo
raggiungere una verità comune e oggettiva, il rispetto della
libertà dei cittadini, che in uno stato democratico sono i veri
sovrani, esige che si riconosca l'autonomia dei singoli nello
stabilire le norme necessarie per una convivenza sociale. Ogni
politico, quindi, deve separare l'ambito della sua coscienza privata
da quello del comportamento pubblico. Il politico deve attenersi
alla legge civile, che a sua volta è l'espressione della
maggioranza della società, e non al dettato della sua coscienza.
Non ci sono leggi eternamente giuste, universalmente vere, al di
fuori dei gusti, dell'opportunismo, dell'interesse dei più forti.
Siamo in pieno relativismo morale, etico e questo pure viene
giustificato perché garantisce la tolleranza e rispetto fra le
persone, mentre le leggi morali oggettive portano all'intolleranza e
all'autoritarismo. È vero che sono stati commessi dei crimini in
nome di verità che non erano tali, ma se ne commetteranno molti di
più a causa del relativismo.
L'opinione pubblica condanna i crimini
contro l'umanità di cui il nostro tempo si macchia, ma questi
crimini non cessano di essere tali se invece di essere commessi da
dittatori disumani, vengono legittimati dal consenso popolare.
La democrazia non è un mito che può
sostituire la leggere morale naturale. Essa è uno strumento e come
ogni comportamento umano deve sottostare alla legge morale naturale,
la quale giudica se i fini e i mezzi che si usano sono buoni o no.
Il valore della democrazia dipende dai
valori che essa propone e tra questi stanno come fondamentali la
dignità della persona umana, il rispetto dei suoi diritti e il bene
comune. Questi valori non sono garantiti dalle opinioni provvisorie
e mutevoli della maggioranza dei cittadini di uno stato, ma solo
dalla legge morale iscritta nel cuore dell'uomo e conosciuta dalla
ragione umana. Questa legge è il fondamento vero della legge
civile. Quando si mettono in dubbio, o si negano i principi
fondamentali della legge morale viene distrutto lo stesso
ordinamento democratico e lo si riduce ad un meccanismo che regola i
diversi e contrapposti interessi. C'è chi si accontenta e apprezza
tale funzione, in mancanza di meglio, per raggiungere la pace
sociale. Ma senza una base morale oggettiva che assicuri e difenda
il valori della dignità di ogni uomo e della solidarietà tra tutti
gli uomini non ci sarà mai la pace. Si deve tenere presente che
negli stessi regimi democratici spesso la regolazione degli
interessi avviene a vantaggio dei più forti, i quali sono più
capaci di manovrare le leve del potere e di influire sulla
formazione del consenso. In una situazione simile la democrazia
diventa una parola vuota. Per la realizzazione di una vera
democrazia, bisogna riconoscere l'esistenza dei valori umani e
morali che derivano dall'uomo stesso. Lo stato, la maggioranza dei
cittadini non possono creare, modificare, distruggere tali valori,
ma soltanto rispettare e promuovere.
Il compito della legge civile è diverso e
più limitato da quello della legge morale naturale. La legge civile
non si può mai sostituire alla coscienza, né può dettare norme
che vanno all di là delle sua competenza, che è quella di
assicurare il bene comune dei cittadini, attraverso il
riconoscimento e la difesa dei loro diritti, la promozione della
pace e della moralità pubblica.
Il compito della legge civile è quello di
garantire una convivenza sociale ordinata, fondata nella vera
giustizia. E' questo avviene quando viene assicurato il rispetto dei
diritti fondamentali che appartengono ad ogni persona. La pubblica
autorità non può mai legittimare, come diritto dei singoli, anche
se questi sono la maggioranza della società, l'offesa fatta ad
altre persone negando un loro diritto come quello della vita.
Perciò l'aborto e l'eutanasia non possono mai essere legalizzati,
giustificati con il pretesto della libertà dei singoli. Ogni atto
dei poteri pubblici che viola quei diritti è in contrasto con la
loro stessa ragione d'essere ed è privo di ogni valore giuridico.
La Chiesa ha sempre insegnato che la legge
civile deve essere conforme alla legge morale. San Tommaso d'Aquino
scrive: "La legge umana in tanto è tale in quanto è conforme
alla retta ragione e quindi deriva dalla legge eterna. Quando invece
una legge è in contrasto con la ragione, la si chiama legge iniqua;
in tale caso cessa di essere legge e diventa un atto di
violenza".
Le leggi che autorizzano e favoriscono
l'aborto e l'eutanasia non solo vanno contro il bene del singolo, ma
anche contro il bene comune e quindi sono prive di validità
giuridica. Lo stato deve essere al servizio di tutti i cittadini,
soprattutto dei più deboli e bisognosi, in questo sta la ragione
della sua esistenza. Ma quando con le sue leggi nega il diritto alla
vita, va contro il fine che giustifica la sua esistenza; non solo
aggiunge il bene comune, ma lo distrugge e perciò tali leggi non
obbligano moralmente. Anzi, c'è il dovere di opporsi con
l'obiezione di coscienza.
La Chiesa fin dalle origini ha insegnato ai
cristiani il dovere di obbedire alle autorità pubbliche
legittimamente costituite (cfr. Rm13,1-7; Pt2,13-14), ma nello
stesso tempo ha ammonito che bisogna obbedire a Dio piuttosto che
agli uomini (At 5,29). Già nell'Antico Testamento troviamo un
esempio di resistenza al comando ingiusto dell'autorità. Le
levatrici degli ebrei si opposero al Faraone che aveva ordinato di
far morire ogni neonato maschio (Es 1,17). Bisogna notare il motivo
del loro comportamento: le levatrici temettero Dio. Dall'obbedienza
a Dio nascono la forza e il coraggio di resistere alle leggi
ingiuste degli uomini.
A riguardo dell'aborto e dell'eutanasia
legalizzati, non solo non è mai lecito attuarli, ma nemmeno
partecipare ad una campagna di opinione in favore di tali leggi, né
dare ad esse il suffragio del proprio voto.
Si possono, invece, sostenere leggi che
tendono a limitare i danni di tali leggi e a diminuirne gli effetti
negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica.
Rifiutarsi di partecipare a commettere
un'ingiustizia è un dovere morale ed è anche un diritto umano
fondamentale, perché la persona umana non può essere costretta a
compiere un'azione che è incompatibile con la sua dignità e va
contro la sua libertà, la quale è tale quando è orientata al vero
e al bene.
Quando ai medici, agli operatori sanitari,
ai responsabili delle istituzioni ospedaliere, delle cliniche, delle
case di cura deve essere assicurata la libertà di non partecipare
alla fase consultiva, preparatoria ed esecutiva di atti contro la
vita. Chi ricorre all'obiezione di coscienza deve essere
salvaguardato da sanzioni penali e da qualsiasi danno di carattere
legale, disciplinare, economico e professionale.
I comandamenti di Dio ci insegnano la via
della vita. I precetti morali hanno un valore assoluto; essi valgono
sempre e ovunque. I precetti morali, detti negativi della loro
enunciazione, hanno la funzione importantissima di indicare il
limite al di sotto del quale l'uomo non può andare e insieme
esprimono l'inizio di un cammino verso la libertà. Insegnano a non
commettere crimini dell'omicidio, dell'adulterio, della
fornicazione, del furto, della frode, ecc… come primo passo verso
la piena libertà. Dal non fare il male i comandamenti ci portano a
fare il bene. Dai "no", si passa a molti "si".
Così si passa a promuovere la vita e mettersi al suo servizio.