Oggi, l'umanità presenta
una situazione allarmante per gli attentati alla vita. Perciò è
necessario conoscere le cause di questa situazione.
Le scelte contro la vita
nascono dalla sofferenza, dalla solitudine, dalla mancanza di
prospettive economiche, dall'angoscia per il futuro. Tali
circostanze attenuano la responsabilità di coloro che compiono
queste scelte.
Il problema va oltre le
situazioni personali e si pone sul piano culturale, sociale,
e politico. In questo ambito presenta il suo aspetto più
sovversivo perché esprime una tendenza, sempre più condivisa, ad
accettare i delitti contro la vita, come espressione della libertà
individuale, da proteggere come veri diritti.
Dopo un lungo commino,
l'umanità oggi è giunta ad una svolta dalle tragiche conseguenze.
Da una parte ha scoperto i diritti umani, come diritti di ogni
persona, che vengono prima di ogni costituzione e legislazione degli
stati, dall'altra il diritto alla vita viene praticamente negato nei
momenti più importanti come sono il nascere e il morire.
Come conciliare le solenne
proclamazione dei diritti inviolabili della persona, in primo luogo,
il diritto alla vita, col rifiuto del più debole, dell'anziano, di
colui che è appena concepito?
L'affermazione dei diritti
delle persone e dei popoli, fatta nei consigli internazionali, è un
parlare a vuoto, falso se non si mette in evidenza l'egoismo dei
paesi ricchi che impediscono ai paesi poveri l'accesso allo sviluppo
o lo condizionano ad assurdi divieti di procreazione, contrapponendo
lo sviluppo all'uomo.
Dove stanno le radici di
una così grave contraddizione? La troviamo in quella mentalità che
riconosce come persona solo chi si presenta con una piena o almeno
incipiente autonomia, così da uscire da una totale dipendenza dagli
altri. Qui si pone una altro interrogativo: come conciliare una tale
concezione di persona con l'affermazione dell'uomo come essere
portatore di diritti inalienabili, il quale diversamente dagli
animali e dalle cose, non può essere sottomesso al dominio di
nessuno e quindi né all'autorità dei genitori, né a quella dello
stato?
Vi è poi chi identifica la
persona con la capacità di comunicare con la parola con gli altri.
Con tali presupposti con c'è spazio nel mondo per chi come il
nascituro o il morente è un essere totalmente dipendente da altre
persone.
La contraddizione tra la
solenne affermazione dei diritti dell'uomo e la loro pratica
negazione, sta nella concezione della libertà che tiene contro solo
del singolo individuo e lo chiude alla piena accoglienza, alla
solidarietà, al servizio degli altri.
La soppressione della vita
nascente o terminale a volte si veste di un falso altruismo e di
umana pietà, invece è frutto della concezione individualistica
delle libertà, che diventa libertà dei più forti contro i deboli
destinati all'eliminazione. E' l'egoismo puro elevato a diritto.
La libertà è un grande
dono del Creatore, con il quale ogni persona si realizza donandosi
agli altri. L'uomo è libero quando ama, quando si dona.
Quando la libertà si usa
unicamente a proprio vantaggio, senza rispettare i diritti altrui,
diventa violenza, arbitrio.
La libertà deve essere
unita alla verità. Quando si nega la verità oggettiva, cioè al di
fuori del soggetto, fondamento della vita personale e sociale, si
prende come criterio per le proprie scelte non la verità sul bene e
sul male, ma solo la propria opinione e il proprio interesse. Allora
non si può più parlare di libertà e la convivenza sociale diviene
impossibile, perché si afferma il proprio io a danno degli altri,
visti come nemici dai quali difendersi. Ciascuno vuole fare
prevalere i propri interessi. Di fronte ad analoghi interessi degli
altri, bisogna cercare qualche forma di compromesso, se si vuole che
nella società sia garantito a ciascuno il massimo di libertà
possibile. Così viene meno ogni riferimento ai valori comuni e ad
una verità assoluta per tutti: la vita sociale sprofonda nelle
sabbie mobili del relativismo, secondo il quale tutto è
convenzionale, tutto è negoziabile, anche il diritto alla vita.
E' quanto accade
nell'ambito politico e statale: il diritto alla vita è messo in
discussione o negato sulla base di un voto parlamentare o della
volontà della maggioranza della popolazione. A questo punto il
diritto non è più tale, perché non è fondato sull'inviolabile
dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più
forte. In questo modo la democrazia non è più tale , diventa
dittatura. Lo stato non è più la casa comune dove tutti possono
vivere secondo principi di uguaglianza, ma si trasforma in uno stato
tiranno, che presume di disporre della vita dei più deboli e
indifesi, in nome di una utilità pubblica che in realtà è
l'interesse solo di alcuni.
Quando vengono votate le
leggi che premettono l'aborto o l'eutanasia, secondo le cosiddette
regole democratiche, tutto sembra avvenire nel rispetto della
legalità. Invece, vi è un'apparente legalità perché l'ideale
democratico viene tradito, perché si può parlare di ideale
democratico quando si riconosce e si difende la dignità di ogni
persona umana.
Come è possibile parlare
di dignità di ogni persona umana, quando si permette che si uccida
la più debole e la più innocente? In nome di quale giustizia si
compie fra le persone la più ingiusta delle discriminazioni,
dichiarandone alcune degne di essere difese, mentre ad altre viene
negata questa dignità?
Quando si verificano queste
condizioni è già iniziato quel movimento che porta alla
distruzione della convivenza umana e dello stato.