Oggi è sempre
più forte la tentazione di impadronirsi della morte ponendo fine
dolcemente alla vita propria e a quella degli altri. Siamo di fronte
ad una realtà allarmante, propria della società del benessere,
caratterizzata dalla mentalità efficientistica che fa apparire
troppo oneroso e insopportabile il numero crescente delle persone
anziane e debilitate.
Per dare un giudizio giusto sull'eutanasia
occorre definirla chiaramente: essa è un'azione o un'omissione che
procura la morte per eliminare il dolore. Altra cosa è rinunciare
all'accanimento terapeutico, cioè a quegli interventi medici non
più adeguati alla situazione del malato, quando la morte appare
imminente ed inevitabile e le cure sono troppo gravose per il malato
e a famiglia. Le cure palliative tendenti a rendere più
sopportabile la sofferenza, nella fase finale della malattia, sono
lecite, anche se ciò comporta il rischio di abbreviare la vita del
malato, perché il fine non è quello di togliergli la vita, ma il
dolore.
E' degno di ammirazione chi rifiuta gli
antidolorifici per unirsi alle sofferenze di Gesù Cristo, ma tale
comportamento eroico non può essere richiesto a tutti. Anzi il
malato deve essere in grado di soddisfare ai suoi doveri morali e
familiari e prepararsi all'incontro con Dio.
L'eutanasia, secondo le circostanze, ha la
natura dell'omicidio e del suicidio. E' da tenere presente che è
gravemente immorale anche il così detto suicidio assistito.
L'eutanasia è una falsa pietà. La vera
pietà rende solidali col dolore altrui, non sopprime colui del
quale non si vuole sopportare la sofferenza. E' tanto più
ripugnante l'eutanasia quando viene praticata dai parenti e dai
medici che dovrebbero curare il malato anche nelle condizioni più
penose.
L'eutanasia è un delitto ancora più
grave, quando viene attuato su una persona che non l'ha richiesta.
Quando i legislatori o i medici si attribuiscono il potere di
decidere chi debba vivere e morire, si raggiunge il massimo
dell'arbitrio e dell'ingiustizia.
La domanda di chi soffre e si trova di
fronte alla morte è soprattutto domanda di compagnia, di
solidarietà, di sostegno nella prova. La morte e la risurrezione di
Cristo, fondamento della certezza dell'immortalità futura e della
nostra risurrezione, illumina il mistero della sofferenza e della
morte e dà al credente la forza per affidarsi al disegno di Dio.