Il Vangelo della vita -

Il delitto abominevole dell'aborto


Fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato ha tali caratteristiche che il Concilio Vaticano II lo definisce abominevole.

L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è il segno di una pericolosissima perdita della capacità di distinguere tra il bene e il male, anche quando si tratta del diritto fondamentale alla vita.

Di fronte ad una situazione così grave bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Nel caso dell’aborto si nota la diffusione di parole ambigue che tendono a nasconderne la natura, ad attenuarne la gravità. Invece di parlare di aborto si dice: interruzione della gravidanza.

Questo modo di parlare, oltre che voler ingannare l’opinione pubblica, forse nasconde un certo disagio della coscienza. Ma nessuna parola può cambiare la realtà. L’aborto procurato è l’uccisione deliberata, comunque venga attuata, di un essere umano nel tempo compreso tra il concepimento e la nascita.

L’aborto è un delitto che assume una particolare gravità perché viene soppresso un essere umano che si affaccia alla vita, il più innocente tra tutti, che non può essere considerato un aggressore e tanto meno un ingiusto aggressore. Questo essere umano è debole, inerme, privo anche di quella minima forma di difesa che è data dal pianto del neonato. E’ totalmente affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo. Eppure spesso è proprio lei, la madre, a chiederne la soppressione o a procurarla.

Accanto alla madre ci sono spesso altre persone che hanno la responsabilità dell’aborto. Prima viene il padre, quando spinge la donna all’aborto o quando la lascia sola di fronte ai problemi della gravidanza: in tale modo la famiglia viene ferita mortalmente e profanata come comunità di amore, chiamata ad essere santuario della vita.

Ci sono le sollecitazioni di parenti e amici, cosicché la donna è sottoposta a pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all’aborto.

Responsabili sono pure i medici e il personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza acquisita per promuovere la vita.

La responsabilità è anche dei legislatori che hanno promosso e approvato leggi abortive e degli amministratori delle strutture sanitarie utilizzate per praticare gli aborti, nella misura in cui la cosa dipende da loro.

La responsabilità si allarga a coloro che hanno favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima della maternità, che non hanno promosso politiche familiari e sociali a sostegno delle famiglie, soprattutto di quelle numerose o con difficoltà economiche e educative, alle istituzioni internazionali, fondazioni e associazioni che si battono con ogni mezzo per la legalizzazione e la diffusione dell’aborto nel mondo.

In tal modo l’aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e assume una dimensione sociale: è una ferita gravissima fatta alla società e alla sua cultura da coloro che dovrebbero esserne i costruttori e i difensori. E’ un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell’intera civiltà. Nella società così organizzata e diretta vi è una struttura di peccato contro la vita umana non ancora nata.

Alcuni tentano di giustificare l’aborto sostenendo che il frutto del concepimento, fino ad un certo numero di giorni, non può essere considerato una vita umana personale. In realtà, dal momento in cui l’ovulo è fecondato, inizia una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata l’avventura di una nuova vita umana che richiede tempo per completarsi.

Le conclusioni della scienza sull’embrione dicono che si tratta di un individuo umano e, se è tale, è anche una persona umana.

Del resto, basta la probabilità di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la proibizione assoluta di ogni intervento tendente a sopprimere l’embrione.

Anche le discussioni di carattere scientifico e filosofico circa il momento preciso dell'infusione dell'anima spirituale non hanno mai portato a qualche esitazione in merito alla condanna dell'aborto.

Il più recente magistero pontificio ha ribadito con grande vigore questa dottrina comune a tutta la Chiesa. Essa, fin dai primi secoli, ha colpito con sanzioni penali coloro che si macchiavano della colpa dell'aborto. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 comminava per 'aborto la pena della scomunica, ribadita nel nuovo Codice. La scomunica colpisce tutti coloro che commettono questo delitto, inclusi anche coloro che cooperano alla sua realizzazione. Con questa sanzione la Chiesa indica l'aborto come uno dei delitti più gravi e vuole aiutare chi lo commette a ritrovare la strada del pentimento e della conversione.

Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge potrà rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito perché è intrinsecamente cattivo, perverso, contrario alla legge di Dio, scritta nella coscienza umana e riconoscibile dalla stessa ragione.

 

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